I saggi raccolti in questo volume, all’intersezione di etnofilologia, antropologia culturale e fenomenologia della percezione, affrontano il problema della sostan-ziale continuità millenaria della nostra tradizione, identificando nello sciamane-simo un’immagine cruciale per comprenderne alcuni aspetti. Dando per scontato il fitto dibattito degli ultimi trent’anni sulla natura e sulle origini del fenomeno sciamanico (un dibattito che non appare ancora in grado di uscire dall’opposizione, dimostratasi fondamentalmente sterile, tra diffusionismo ed evoluzionismo), gli autori analizzano, con riferimento ai rispettivi ambiti, quegli elementi strutturali e portanti che consentono di attribuire al “professionista della parola” un ruolo cruciale, dal Paleolitico ad oggi, nella costruzione del nostro immaginario. L’ipo-tesi di fondo è che, quando riflettiamo sulle origini dell’Europa, intesa nella sua accezione geoculturale più vasta, più che con i temi e le forme del cristianesimo, dell’islamismo, della civiltà carolingia, della civiltà ellenistica alessandrina, dei vari apparati statali e meta-statali che, in quanto macchine di asservimento, ne hanno segmentato e ne segmentano i territori, siamo costretti a fare i conti, già dalla preistoria, con un’ipotesi diversa e più radicata: forse è proprio in Homo poeta, e non nei vari stadi di evoluzione culturale, tecnica e sociale di Homo sapiens (faber, religiosus, politicus, laborans, oeconomicus, ludens, aestheticus, technologicus) che dobbiamo riconoscere il segreto (sciamanico) della nostra civiltà.